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Rapporto ACI-ISTAT 2014. Un forte segnale d'attenzione

aci_incidenti.jpgÈ uscito il rapporto ACI-ISTAT sugli incidenti stradali del 2014 . La prima osservazione riguarda il costante ritardo nella presentazione dei dati (dieci mesi sono troppi per poter intervenire tempestivamente sui trend) e la difficoltà di dover lavorare su dati aggregati il cui formato inoltre cambia di anno in anno. Una delle nostre richieste prioritarie per migliorare la sicurezza stradale è avere dati tempestivi e fruibili su scala territoriale e per segmenti di utenza.
 
Scopriamo inoltre che il dato 2013 è stato corretto al rialzo per la mancata imputazione di alcune informazioni.
 
Tra i dati che emergono possiamo osservare la leggerissima riduzione della mortalità (3381 morti, ‑0,6% grazie al rialzo del dato 2013, altrimenti non si sarebbe verificata alcuna riduzione), una riduzione leggermente superiore del numero dei feriti (-2,7%), ma soprattutto l’aumento dei morti nei centri urbani (1505, +5,4%). Complessivamente il numero dei morti nelle città è tornato ad essere il 45% del totale, ovvero il rapporto peggiore a livello europeo.
 
Questo dato va di pari passo con l’incremento di mortalità tra i pedoni (578, +4,9%), tra i ciclisti (273, +8,8%) a fronte di una riduzione tra i motociclisti e i ciclomotori (816, -3,8%).             
I morti complessivi dell’utenza vulnerabile sono esattamente pari a quelli delle quattro ruote a motore fronte di un modal split ancora fortemente sbilanciato verso le auto.
 
Tutto questo a fronte di una specifica richiesta comunitaria (il quarto programma quadro 2011-2020) che richiederebbe invece un ulteriore dimezzamento di morti e feriti con particolare attenzione all’utenza vulnerabile.
 
La lettura di questi dati ci permette di sottolineare quanto affermato da anni. Ci si è crogiolati sulla riduzione della mortalità nel recente passato, ma questa è stata ottenuta senza interventi sostanziali, bensì con il miglioramento dei comportamenti, con la maggiore sicurezza dei mezzi motorizzati (per gli occupanti del veicolo) e con provvedimenti quale il tutor autostradale che effettivamente ha influito sullo specifico comparto.
 
Poiché però il problema resta quella dei centri urbani e poiché in città un morto su due è un utente non motorizzato e 5 su 6 un utente vulnerabile, senza un intervento serio in proposito potremo rinunciare da subito a qualsiasi obiettivo di miglioramento al di fuori di tutti i parametri europei. Mentre l’Europa, con la recentissima carta del Lussemburgo indica una strada precisa di incentivazione della mobilità ciclistica, oltre che pedonale.
 
Si osservi, tra l’altro, a riprova dell’immobilismo in atto, che ad oggi, a fine 2015, non è stato ancora pubblicato il Piano Nazionale della Sicurezza stradale 2011-2020, ovvero il documento che dovrebbe dettare le strategie da seguire!
 
Il dato relativo ai ciclisti va comunque letto a fronte di una costante crescita degli stessi, per cui complessivamente è possibile ribadire la validità del concetto di safety in numbers, ovvero più ciclisti uguale più sicurezza.
 
Per quanto riguarda i grandi centri urbani, che da focus dell’informazione nel passato anno sono stati analizzati in modo più superficiale, è possibile osservare che il dato di 5 morti tra i ciclisti su 273 (1,8%) sia per Milano che per Roma dimostra la bassa pericolosità di Milano e l’elevata pericolosità di Roma (la differenza di modal split è significativa), oltre alla bassissima pericolosità di Bologna (2 morti su 273) a dimostrazione dell’importanza e dell’efficacia delle politiche per la bicicletta.
 
È possibile affermare che il numero di incidenti gravi ai ciclisti (in particolar modo i decessi) è inversamente proporzionale alla composizione modale ciclistica (più ciclisti, meno morti, secondo il principio di safety in numbers), mentre il numero di incidenti complessivo tra i ciclisti è funzione dell’efficacia delle politiche di mobilità sostenibile messe in atto (ad es.: traffico urbano organizzato con misure che hanno ridotto la circolazione e la velocità delle auto, introdotto forme di mobilità condivisa, trasporto pubblico potenziato, rete ciclabile protetta).
 
Per quanto concerne i ciclisti occorre sottolineare la sempre maggiore incidenza delle persone anziane per le quali va garantita sicurezza di spostamento nei centri urbani. Un’altra particolarità va evidenziata: tra i 273 morti 233 sono uomini e 40 donne. I numeri non mentono: occorre imparare a muoversi (questa differenza  è comune anche se in rapporti diversi, anche alle altre modalità di spostamento) dall’impropriamente detto sesso debole.
 
Per concludere, auspicando che il lavoro legislativo di modifica del Codice giunga a compimento e che la politica riprenda interesse verso la sicurezza degli spostamenti dei suoi cittadini, gli interventi necessari vanno esattamente nella direzione della nostra campagna 30 e lode per la calmierazione del traffico e velocità nei centri urbani, nell’incentivazione della mobilità non motorizzata, nella definizione di obiettivi su scala locale, promozione della raccolta e diffusione dati (su incidentalità, modal split e politiche attuate). In poche parole 20-20-20 come obiettivo della percentuale di spostamenti in bici, a piedi e con TPL.

aci_incidenti_g.jpg

 
Edoardo Galatola
Responsabile sicurezza e ufficio legislativo FIAB
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