Un ex ferroviere in sella verso il traguardo anagrafico

Da "Il Giornale di Vicenza",  mercoledì 14 maggio 2008, pag. 23
di Maria Elena Bonacini

Verso i 100 anni con 96 mila km
Cento anni e 96mila chilometri in sella alla bicicletta. Questo, per ora, il bilancio di Giuseppe Anoardi, ex ferroviere che il 26 ottobre varcherà la soglia del secolo, trascorso in buona parte pedalando. Il conteggio, fatto calcolando tutti i tragitti compiuti per lavoro e piacere dal 1935 al 2007, è sbalorditivo: 95mila622 chilometri. Un traguardo considerato elevato per molte automobili, ma che a “Bepi" non pesa affatto, anzi, come spiega lui stesso, "la bicicletta allunga la vita".
Nato a Lisiera da famiglia contadina nel 1908 Anoardi, sesto di tredici fratelli, ricorda bene la Grande Guerra, la bomba presa a sassate per gioco e scoppiatagli vicino «per fortuna era umida e mi sono solo ferito una gamba» e i centesimi che andava a cercare nei pagliericci degli operai che dormivano sotto al portico.
Il 1932 per la sua famiglia è l'anno della svolta: la sorella muore investita da un'auto, la tempesta fa tabula rasa del raccolto e il padre non potendo pagare l'affitto (30 quintali di grano), deve vendere quello che ha per 15mila lire e andare in affitto in viale Trento. Lui, invece, va a Pistoia a studiare da radiotelegrafista, ma essendo mancino deve rinunciare e viene assunto a Valdagno come elettricista.
Ma sarà il concorso nelle Ferrovie a metterlo sui “binari" che percorrerà per tutta la sua vita lavorativa. «Per andare a Venezia al concorso per operai nelle ferrovie - racconta - chiesi la bici da corsa ad un amico. Quando arrivai non muovevo più le braccia».. Il primo impiego lo porta a Bolzano, poi grazie ad una conoscente della sorella riesce ad avere un posto a Vicenza. Passa il corso di capostazione e il corso a Venezia è un'altra occasione per le sue lunghe pedalate.
Nelle Ferrovie resta poi fino alla pensione, nel '70, quando può dedicarsi alle bici di famiglia e a costruire le case per i cinque figli avuti dalla moglie Anna Maria Gianello, di 15 anni più giovane, sposata quando lei ne aveva appena 18 dopo soli sei mesi che si conoscevano. «Una santa donna - racconta - che non si fermava mai, bravissima a fare i dolci. Siamo stati insieme 63 anni».
Ora, invece, vive con la cognata Adriana, che l'ha “ereditato", e accudito anche nella prima malattia della sua vita. «Non avevo mai preso una medicina e il dottore l'ho visto per la prima volta quest'inverno quando ho avuto l'influenza. Adesso mi tengono agli »arresti domiciliari", ma ho vangato fino all'anno scorso».
E sulla bici vuole tornare anche se i figli non sono molto d'accordo. Tale è l'amore, per le due ruote, infatti, che ha addirittura stilato un »decalogo del bravo ciclista", che oltre ai consigli tecnici, come »prima di partire controllare freni, luci, gomme, campanello e oliare le parti mobili 2-3 volte l'anno" anche di comportamento stradale, come “non circolare di notte a fanali spenti”.
E anche una poesia in dieci punti “Bicicletta al servizio del ciclista", con alcune perle di saggezza frutto della sua lunga esperienza: “chi rinuncia alla bici per guidare porta spesso l'auto a riparare", e soprattutto “l'uso della bici, continuo e moderato, prolunga la vita e il fisico è rinforzato". Detto da lui, ci si può credere.