Il " Giro dei 60"Era il giro estivo di noi da ragazzi degli anni 60, quello che sapeva di sfida e che una volta percorso ci consacrava "ciclisti". Era il giro che molti di noi partecipavano con la biciclette rubate per un giorno al papà al fratello maggiore, a volte erano vecchie e rugginose, pesanti come locomotive con improbabili cambi e freni " a bacchetta" per alcuni ignominiosamente erano bici da donna, ed era il momento in cui i pochi fortunati esibivano, tra l'invidia palpabile volutamente provocata, la prima bici vera, lucida e colorata " superleggera" e dotata di un cambio a ben tre o quattro rapporti. Si partiva per i 60 km guidati dal capo di turno o dal prete che si avvolgeva la veste in vita e pedalava in testa al gruppo. Ed era una sfida continua, un continuo traguardo volante spostato sempre più avanti, dal "Ponte dei Quatro Oci" al " ponte Croce" al bivio per Staro, alla fonte Regina, tappa obbligata dove tutti andavamo a bere alla cannella che usciva dal sasso l'acqua minerale, quella vera. E poi su a Staro, la strada allora era ancora bianca, e il " gran premio della montagna" era a passo Xon, da dove gocciolanti sudore da tutti i pori ci tuffavamo (confidando in freni inesistenti) lungo i tornanti stretti e ripidi che portano a Recoaro. Arrivare a Valdagno era un lampo, a volte ci si fermava a S. Quirico per vedere la "Montagna Spacata" l'orrido che sembra frutto di un gigantesco colpo di scure tra le rocce, e poi giù giù fino a Cornedo, per risalire esausti lungo l'allora stretta e tortuosa strada per Priabona e Monte di Malo e finalmente l'ultima bellissima discesa a S. Vito di Leguzzano e il ritorno a Schio con una sosta, quando c'era, alla prima "anguriara" dove il prete (noi avevamo le tasche decisamente vuote) ci pagava la fetta di anguria più saporita di tutta l'estate. Nostagia? Si molta. Ma non tanto del tempo passato, piuttosto della sicurezza e della tranquillità con cui queste piccole avventure venivano vissute. Ora queste strade sono cambiate, purtroppo anche " il giro dei 60" non è più lo stesso , per arrivare a Valli del Pasubio e scendere da Recoaro a Valdagno bisogna pedalare lungo il ciglio con tanta prudenza, sfiorati da autotreni che trasportano quell'acqua che ora si chiama minerale, e che non esce più dalla cannella dal sasso ma è imbottigliata in stabilimenti che hanno coperto e cementato i torrenti e anche la provinciale per Priabona richiede prudenza. Restano però dei tratti belli. Salire a Staro è ancora piacevole e fresco, la discesa per Recoaro ha sempre lo stesso fascino. Ho cambiato un po' il percorso inserendo la deviazione a Cereda, è dura la salita ma il panorama che si gode da quella piccola frazione vale la fatica.
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