Quando la bicicletta vince. Mobilità nuova nella Grande Mela

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Ne abbiamo parlato pochi giorni fa rilanciando un video del 2013 in cui l’ex commissario ai trasporti di New York, Janette Sadik-kahn, dà conto dei progressi fatti sotto l’amministrazione Bloomberg per quanto riguarda la mobilità ciclista e in generale la mobilità attiva. È del 7 settembre l’articolo sul Corriere della Sera a firma di Massimo Gaggi. Titolo: “Così a New York hanno vinto le bici”.
 
Il commento della penna di Via Solferino dalla Grande Mela tocca alcuni degli obiettivi raggiunti dalle amministrazioni Bloomberg e da quella in carica di de Blasio. Ad oggi oltre 1800 chilometri di piste ciclabili riservate, più del doppio di un decennio fa. Poi il successo del bike sharing che a New York viene utilizzato regolarmente da un cittadino su dieci negli spostamenti.
 
Grandi città che all’estero hanno cambiato il proprio volto. Dalla prima della classe, Amsterdam, alla metropoli newyorkese presentata dall’articolo di Gaggi. Anni, decenni di politiche a sostegno delle persone (più che delle auto) e di modalità di spostamento sostenibile, puntando anche sui trasporti pubblici come disincentivo all’utilizzo del mezzo privato. Cercando di coinvolgere la cittadinanza, raccontando un’altra idea di città che Fiab riassume col concetto di democrazia dello spazio.
 
A New York, fa notare Gaggi, l’opposizione alla svolta bike friendly ha ricevuto attenzione e critiche - diciamo noi con un eufemismo - aspre. E da ambe le parti, progressisti e conservatori. “Il cancro delle bici in città”, “l’aristocrazia privilegiata e insulare dei ciclisti”, soltanto alcuni dei titoli e commenti dei giornali contro la mobilità ciclistica. Ma per Fiab, che da anni si batte nelle istituzioni a livello locale e nazionale, non regge più l’adagio del “non siamo mica l’Olanda ”. Perché un tempo neanche l’Olanda era quella che oggi prendiamo a modello.